Articolo uscito il 16 maggio 2023 su 78.Rivista di Tarocchi
Parlare di una nuova pratica di utilizzo dei Tarocchi nell’attuale momento storico potrebbe risultare ridondante. Quello che sembra caratterizzare il periodo, infatti, è un movimento di stampo neo-liberista, in cui buona parte degli studiosi sembra impegnata a costruire il proprio personale “castello di carte” – o metodo di utilizzo. La pratica di Consultazione Tarosofica potrebbe rientrare a pieno titolo in questo trend, eppure essa muove da un afflato completamente diverso.
Per motivi di copyright internazionale, che rendono dubbia la possibilità di utilizzare liberamente il termine tarosofia, si introdurrà il discorso cercando di spiegare cosa si intende per Filosofia dei Tarocchi. Di cosa tratta questa disciplina? Il termine filosofia deriva dal greco filos + sophia e indica un sentimento puro verso il sapere. Con Filosofia dei Tarocchi potremmo indicare quindi l’attrazione, la dedizione e la ricerca circa il contenuto – o, meglio, il possibile contenuto – dei Tarocchi. Non si casca troppo distante dal termine tarologia che indicherebbe però il logos applicato al Tarocco, ossia quel misto di pensiero razionale e creativo unito alla parola. Chi scrive trova nella Filosofia dei Tarocchi un contenitore forse più ampio, materno e primigenio. La filosofia antica potrebbe essere considerata a pieno titolo la madre di scienza, psicanalisi, psicologia, persino medicina, matematica, astronomia e molto altro. Allo stesso modo, parlare di Filosofia dei Tarocchi potrebbe indicare il terreno su cui si cammina per giungere a molte delle nuove forme di utilizzo, interpretazione e indagine del mazzo. Eppure questo articolo non intende risolvere dubbi cronologici indicando chi sia nato prima, la fenice o la fiamma. Forse ha ragione Luna Lovegood quando ipotizza che la risposta a questa domanda sia che un cerchio non ha inizio.
Il primo punto in cui il presente articolo, invece, vorrebbe astrarsi dalla corrente neo-liberista e riportare l’attenzione a un humus condiviso è il seguente: parlare di Filosofia dei Tarocchi, infatti, vorrebbe sottolineare un trait d’union tra varie discipline.
I Tarocchi non ci sono pervenuti con un manuale di istruzioni – almeno non relativo al significato originale delle carte, che erano prodotto del loro tempo e non avevano probabilmente bisogno di commentari né di spiegazioni. Se vogliamo navigarli e conoscerli astraendoli dal contesto storico in cui sono nati, possiamo considerarli come un sistema simbolico aperto. In quanto tali, le 78 carte che compongono il mazzo possono contenere una vastissima serie di significati e contenuti – probabilmente tanto varia quanti sono i ricercatori che vi si dedicano. In una materia così vasta, al filosofo dei Tarocchi non resta che operare una scelta: quella del proprio ambito o dei propri ambiti di sophia. Infatti, se riusciamo ad accettare il primo assunto, ossia che la Filosofia dei Tarocchi sia madre (più o meno volontaria) di molte delle ricerche odierne relative a questa materia, possiamo pensare al filosofo dei Tarocchi come a qualcuno che conosce la materia sia in senso lato che da una specifica prospettiva: la branca cui aderisce per inclinazione naturale o convergenza di interessi.
L’attività del filosofo dei Tarocchi potrebbe sfociare in una pratica di utilizzo mutuata dalla filosofia stessa. Così, la consulenza filosofica diventa consulenza tarosofica, o consulenza di filosofia dei Tarocchi.
In cosa si differenzia questo tipo di consulenza dalla pratica classica di lettura dei Tarocchi o dalla pratica tarologica? Si tenterà a questo punto di delineare le linee di pratica della consulenza tarosofica.
Il consulente tarosofico ha compiuto e sta compiendo la sua personale indagine nei Tarocchi. Nella maggior parte dei casi, lo fa sviluppando una certa linea di specializzazione: religiosa, filosofica, umanistica, narrativa, etica, poetica, logica, solo per citarne alcune. È bene che questa specializzazione sia esplicitata dal consulente per permettere al consultante di scegliere il professionista più adatto alle proprie esigenze e aspettative.
La consulenza tarosofica non prevede una domanda specifica e nemmeno una stesa di carte – la qual cosa non esclude però che questa venga fatta ugualmente, qualora ritenuto idoneo dal consulente. Questo punto è probabilmente il più distintivo rispetto al tradizionale utilizzo dei Tarocchi.
Il consultante si presenta in consulenza con un argomento generico: un problema, una domanda esistenziale, un blocco, una stasi, un malessere. Dal suo canto, il consulente supporta la ricerca autonoma del consultante basandosi unicamente sul significato che i suoi studi lo hanno portato ad attribuire alle carte. Il significato è strettamente connesso con l’argomento che il consultante porta in consultazione.
La consulenza tarosofica permette di utilizzare il bagaglio sapienziale potenzialmente contenuto nei Tarocchi e di metterlo a disposizione del consultante.
A cosa serve la consulenza tarosofica? La consulenza tarosofica è, di base, un dialogo tra consulente e consultante in cui si attinge alla sapienza dei Tarocchi per risolvere problemi, individuare fallacie di pensiero, trovare chiarezza, diverse prospettive, punti di vista in una situazione che si sta attraversando. Si basa sulla convinzione che nei Tarocchi siano iscritte buona parte delle esperienze umane e che essi contengano il bagaglio sapienziale necessario per sostenere l’essere umano nel percorso di coltivazione del sé e di fioritura.
In quali casi si utilizza la consulenza tarosofica? La pratica può essere incentrata sul problema nel caso in cui il consultante si presenti con un dilemma, un blocco, una difficoltà, una crisi. In alternativa, la pratica può essere incentrata su una questione esistenziale, su una tensione verso l’approfondimento e magari sul reindirizzamento della cura del sé. O ancora, essa può essere la risposta alla necessità di trovare nuovi punti di vista per affrontare alcuni passaggi della vita.
La tecnica utilizzata dal consulente tarosofico non è mai assertiva, e si basa su domande (a questo proposito si faccia riferimento all’articolo https://78rivista.it/quattro-vie-una-lettura/). Domande che emergono dal contenuto dei Tarocchi in relazione all’argomento trattato. Domande che hanno la potenzialità di far affiorare in modo autonomo nel consultante la soluzione alla situazione che lo porta in consulenza. Tali domande possono essere supportate dalla presenza delle carte coinvolte, se necessario persino estratte da mazzi diversi. Ad esempio, se il consultante sta affrontando un periodo di crisi, il consulente può estrarre la carta dell’Eremita da uno o più mazzi di Tarocchi marsigliesi e magari dal Rider Waite.
In nessun caso il consulente tarosofico fa prescrizioni o previsioni o dispensa consigli. Ammesso che non vi sia diretta richiesta da parte del consultante, la consulenza tarosofica non è una lezione su Tarocchi. Il contenuto delle carte non sarà spiegato: esso rappresenterà solamente lo scheletro delle domande del consulente di Filosofia dei Tarocchi al consultante. La vaghezza e l’ampiezza delle definizioni, la coscientemente mancata registrazione del metodo e la presenza di una sola scuola in cui questa pratica venga diffusa e insegnata rende l’argomento aperto alla discussione. Muovendo dalle affermazioni primigenie, la consulenza tarosofica non vuole essere una pratica chiusa. Si vorrebbe, anzi, muovere sul terzo livello del triplice settenario: quello che ha come fine la condivisione, la cooperazione e la co-creazione. Proprio per la natura filosofica, e se vogliamo socratica, di cui si anima, essa vorrebbe essere il frutto del dialogo tra studiosi e
appassionati, che si impegnino nella rivoluzione dell’utilizzo del mazzo che amano. Rivoluzione che si auspica sia animata da un forte senso critico, etico e, perché no, poetico nel senso etimologico del termine, ossia creativo.
Comentarios